Cari amici e lettori miei,
riprendendo, anzi continuando quello che si potrebbe definire il mio incontro con voi, più o meno mensile, e ringraziandovi comunque per l’attenzione che mi prestate oltre all’apprezzamento che, con mezzi differenti mi esprimete, desidero questa volta richiamare la vostra attenzione – parlandovene – su di un personaggio a mio avviso eccezionale, un sacerdote santo, ma soprattutto un musicista creatore di armonie e melodie semplicemente divine del quale, purtroppo, oggi si va perdendo la memoria.
Parlo, e subito ve lo presento, di don Lorenzo Perosi, nato a Tortona (Alessandria) e di cui, appunto in questo 2022, cade il 150° dalla nascita essendo egli venuto alla luce il 21 dicembre 1872.
Dirà, alcuno di voi: ma chi era? Perché parlarne, perché rievocarlo e commemorarlo?
Perché è un dovere, rispondo: è il minimo che gli dobbiamo.
Cerco di spiegarmi amici e lettori miei, appellandomi al fatto che ogni tanto, per la salute del nostro corpo e soprattutto della nostra anima occorre staccarsi dal quotidiano, dal vissuto di sempre, dal trito e ritrito… per rifugiarsi (ognuno di noi ha un proprio riparo segreto), pensando anche a cose che non siano sempre mera necessità o impellenza.
Niente attualità quindi, oggi; niente crisi energetica, guerra, crisi sociale, reddito di cittadinanza, recessione, incertezze, timori e inquietudini.
Niente campionati mondiali di calcio in Qatar…, con polemiche (eufemismo) annesse e connesse relativamente al tasso di democrazia che scorre nel sangue dei popoli partecipanti e contendenti.
Niente Soumahoro, deputato del Parlamento italiano (!), il suo ‘resort’ in Rwanda, le sue cooperative, la moglie, la suocera, i suoi intrallazzi e i suoi raggiri.
Oggi, appunto, voglio solo parlarvi di don Lorenzo Perosi e della sua musica sacra e religiosa, soprattutto musica divina: oggi, appunto, voglio solo offrirvi un bicchiere d’acqua fresca e pura.
Forse non ricorderete, anzi alcuni di voi nemmeno lo sanno, ma di questo grandissimo musicista io ne ho già parlato in passato, l’ho rievocato, l’ho citato e commentato (non dico criticato poiché non ne sono all’altezza), dedicandogli alcune pagine di un mio libro: soprattutto l’ho esaltato e ancor di più l’ho amato.
Perché l’ho cantato, in primis, perché ne ho eseguito, tanti anni fa, io stesso essendo un componente delle più prestigiose Corali bergamasche, vuoi l’Immacolata di Mons. Egidio Corbetta così come la Santa Maria Maggiore di Mons. Giuseppe Pedemonti, ne ho eseguito, dicevo, Messe, mottetti, inni, laudi, salmi, cantate e persino pagine estratte dai suoi celeberrimi Oratorii.
Che ricordi! Che emozioni, che trepidazioni quelle da cui venivamo colti e coinvolti, noi, coristi, prima e durante quelle che, bei tempi, si chiamavano Elevazioni musicali: rassegne di musica sacra e religiosa che accentuando e solennizzando i piu importanti Tempi liturgici dell’anno, le Diocesi stesse, le Parrocchie, in ogni caso i cultori e curatori ed esecutori tutti si prodigavano al meglio per renderle, appunto, oltre che musicali altresì elevazioni spirituali.
Certo, in tali occasioni non si trattava solo di ‘fare’ Perosi, chè musicisti del calibro di Palestrina, Monteverdi, Orlando di Lasso et similia, per tacere di cento altri, non esclusi i Vittadini, i Donini e i Gambarini, arricchivano autorevolmente i programmi proposti ma, in ogni caso… quando si arrivava al Perosi un tuffo al cuore era pressochè inevitabile.
Già, perche Perosi era Perosi: non si discuteva… lo si ‘faceva’ e basta: era una garanzia!
Le sue Messe poi… ahimè… come faccio a parlarvene, oggi, e nel contempo a cercare di coinvolgervi anche solo nel ricordo; come debbo fare per suscitare, anche solo destare in voi (come un’eco lontana), le sensazioni, le emozioni, le celestialità della Missa prima Pontificalis e della Missa secunda Pontificalis: con quelle ‘voci bianche’… soprani e contralti inarrivabili e ineguagliabili nella loro innocenza, freschezza e candore. Veri sprazzi di Paradiso.
Ma andiamo oltre.
A parte gli Oratorii di Perosi (che sono un capitolo a parte, opere musicali che lo resero famoso in tutto il mondo), e tutta la sua produzione sinfonica e cameristica, tutte le sue Messe, venticinque se non vado errato, sono straordinario esempio di come egli intendesse quale missione la sua arte e la sua fede: un giorno scrisse: “La mia fede è la mia vita. Quando ne contemplo la bellezza e la grandezza me ne esalto e ho bisogno di esprimere questa estasi con il linguaggio che mi è naturale”.
Con la musica appunto.
Per questo forse, anzi ne possiamo essere certi, la sua Missa Eucharistica, la Cerviana, la Benedicamus Domino, la Te Deum Laudamus, la Messa Davidica (dedicata al sacerdote Davide Albertario, giornalista e polemista insigne per dottrina e vita esemplare), oltre alle due Pontificalis sopra ricordate, dal ‘sapore inconfondibilmente mistico’, sono, queste Messe, uno dei più elevati monumenti dell’arte sacra musicale italiana.
Monumento alla cui sommità, nondimeno, svetta quella che senza dubbio è la Messa più famosa e più eseguita di Perosi, la Messa da Requiem a tre voci virili, scritta nel maggio 1897 e scaturita dall’acerbo dolore causato al Maestro dalla morte repentina del suo fanciullo-cantore prediletto: quel Ferruccio Menegazzi che, solista impareggiabile, colpito da morbo crudele lasciava la terra per volarsene in Cielo.
Gli stessi Puccini, Mascagni, Cilea e Toscanini, nomi tra i più famosi nel mondo musicale dell’epoca erano grandi estimatori del Perosi e della sua musica, in particolare di questa Messa che giudicarono un vero capolavoro nel suo genere.
Tale Messa peraltro, diretta dallo stesso Perosi fu eseguita il 19 gennaio 1925, in morte di Puccini, durante le solenni onoranze funebri di Stato che gli furono rese a Roma nella Basilica di Santa Maria degli Angeli.
Molto si è scritto, certo non ai nostri giorni, sul grande Maestro tortonese, perché la sua personalità morale, estetica e creativa si sollevava sopra la comune degli uomini.
Perosi è stato un pio sacerdote e un valoroso musicista ma il vero Perosi è questo: un’anima semplice ed umile, un esteta del bello e del vero che ha saputo, in maniera superlativa, far pregare le Comunità con la sua musica che è vera preghiera.
Un giorno fu udito esclamare: "Gli uomini del mio tempo non vogliono leggere il Vangelo ma io li ‘costringerò’ ad ascoltarlo in musica".
Purtroppo dopo la cosiddetta riforma liturgica post Vaticano II, anni ’60 e ’70 del secolo scorso, è ‘andata in opera’, ahinoi, autori e propugnatori e mallevadori le ‘teste d’uovo’ pensanti e aperturiste di una nefasta Gerarchia (cui si è accodata una gran parte di Presbiteri pavidi, rinunciatari e iconoclasti al tempo stesso), è ‘andata in opera’, si diceva, un’operazione, una manovra e un programma tendenti all’abbandono, all’oblio e alla distruzione (non solo in senso figurato) di tutto quanto, musicalmente e artisticamente e religiosamente era riferibile al passato e alla Tradizione.
Tutto doveva andare al macero! E Perosi per primo… forse perché fu il ‘Principe della riforma Ceciliana’ di San PioX e il ‘Cantore evangelico’.
Conseguentemente venne intimata, sostenuta e comandata da trasgressivi sovvertitori (abissalmente insipienti oltre che ignoranti), la nuova musica “di e da chiesa”; venne data la stura a ‘moderni’, dialoganti e irriverenti compositori che, con il pentagramma e sul pentagramma ne hanno combinate di tutti i colori, hanno sfogato la loro evidente incapacità, la loro stupida impudenza e totale assenza di ispirazione e di fede.
Da qui gli ‘atonali’ quindi, ma non nel senso dei dodecafonici alla Schonberg o Dallapiccola… ma nel senso di gente che ha in odio tutto quello che attiene all’armonia e melodia in senso generale; che detesta e disprezza anche ciò che è solamente sensato, ordinato, pulito; il buon senso e le cose giuste nel momento giusto e nel luogo giusto; che disdegna e rifiuta, in sostanza, quello che è semplicemente bello!
Cori parrocchiali e Scholae cantorum via dunque!: posti in ‘cassa integrazione’… nel migliore dei casi, oppure liquidati senza riguardi e sciolti nell’acido corrosivo del ‘moderno, nuovo e attuale’. E protestantico.
E silenziati pure gli armonium, quando non addirittura gli organi (pensiamo solo agli splendidi Serassi o Antegnati di casa nostra), per dare spazio invece, anzi audio, a belanti e disarmonici strimpellatori che, chitarra a tracolla e ausilio di una più o meno attempata e a volte persino ancheggiante beghina (ma ‘fresca di coiffeur’), eccoli a sottolineare e solennizzare i momenti salienti della Messa con i loro yè-yè.
Che Dio li perdoni: ma ancor di più perdoni quel Clero, quei Vescovi e l’intera Gerarchia che tollera e approva quando non incoraggia tali scempi.
Ma torniamo a Perosi, amici e lettori miei, anche perché è tempo di concludere e lo spazio è tiranno.
E consentitemi, magari anche a nome vostro, che ne prenda commiato.
Addio dunque caro don Lorenzo, Maestro Perosi, con questo mio scritto prendo definitivamente congedo da te e dalla tua musica: e ti ringrazio.
Sei stato un Grande, lo sei tuttora e lo sarai per sempre, malgrado le devastazioni e le distruzioni che miseri uomini, nanerottoli, hanno causato alla tua musica, alle tue opere, alle tue creazioni per antonomasia divinamente ispirate.
Di certo tu verrai riabilitato e rivalutato, un tempo, e rimesso in auge: non sappiamo quando ma questo accadrà.
Tra vent’anni, cinquant’anni, tra un secolo e forse più: quando, trascorso questo periodo buio, drammatico e pure temibilmente sinistro gli uomini rinsaviranno, riprenderanno coscienza e, semplicemente, ristabiliranno l’ordine naturale delle cose!


