Cari miei lettori,
le festività natalizie sono ormai
imminenti e quel poco di poesia che ancora le caratterizza è purtroppo
sovrastato, annullato e vanificato da quel corollario di luci, suoni e
frastuoni tipici di questi tempi consumistici e vacui che spesso sfiorano
l’appariscente, il pacchiano e addirittura il volgare. Nulla di più.
Smarrite del tutto infatti quelle
emozioni, sensazioni e trepidazioni che l’atmosfera natalizia di un tempo
sapeva infondere e trasmettere; quel crearsi e ricrearsi di certe ‘magie’
natalizie che nascevano spontanee, in giorni ormai lontani, sicuramente più
poveri ma assai più sereni.
Ma non è di questo, quantomeno
solo di questo cui intendo richiamarvi, bensì attirare la vostra attenzione
sulla rilevante presentazione che viene fatta e sugli entusiastici commenti
relativamente a quegli eventi musicali natalizi chiamati “concerti gospel”.
Premessa necessaria: non ho nulla
contro questa “nuova” espressione artistico musicale caratterizzata da un
marcato sapore “multiculturale” (e ti pareva!), che trova da alcuni anni in qua
molti estimatori ed ammiratori; tuttavia ciò che stona è il
prefigurare, il presentare, il commentare tali esibizioni con espressioni del
tipo “Tutta la musica del Paradiso”, oppure “ritmo divino, “avanti a suon di
gospel”, oppure ancora “Quel gospel che fa respirare la magia del Natale”: in
sintesi, quindi, secondo la ‘moda’ e anche il ‘politicamente corretto’, la
musica del Paradiso, il ritmo divino, la magia del Natale diventano la cifra
del riconoscimento, la caratteristica principale dello stile, il biglietto di
presentazione si potrebbe dire di questi gruppi musicali, in genere composti da
neri americani, che ormai sono diventati la colonna sonora più adatta ad
allietare le nostre tradizionali feste natalizie.
Addirittura si afferma, con
assoluto sprezzo del ridicolo: “… ecco perché le ‘Gospel Voices’ rivendicano la
loro ascendenza direttamente dal Paradiso…”
Un momento, fermiamoci un attimo:
per riflettere, per considerare, per ricordare.
E soprattutto per dare un senso e
il giusto valore a parole e aggettivi.
Perché la magia musicale del
Natale, il ritmo divino, la musica del Paradiso, spiace doverlo dire, ma oggi
non ci sono più.
E non ci sono più perché non ci
sono più le voci bianche: da non confondere con le voci femminili.
Perché le voci bianche sono
un’altra cosa; sono quelle dei bambini, dei ragazzini che non hanno ancora
raggiunto l’età della pubertà e quindi della muta vocale.
Perché le voci bianche hanno un
sapore, un colore, un profumo che non è comparabile a nulla in campo vocale,
solistico o corale che sia; perché le voci bianche esse sì sono Paradiso,
perché le emozioni e le sensazioni che trasmettono sono indicibili, sono
ineffabili, sono irripetibili.
Una netta distinzione, tuttavia,
è necessaria tra un coro di voci bianche e un coro di bambini: quest’ultimo (ad
esempio l’Antoniano) è una realtà prettamente amatoriale e didattica con
metodologie e finalità divergenti rispetto ad un coro di voci bianche, il
quale, invece, è una realtà professionale formata da bambini particolarmente
dotati e selezionati il cui addestramento consegue l’obiettivo, oltre ad una
solida educazione musicale, di una vera e propria produzione artistica .
Già, perché altro non è se non
purissima arte il vecchio e caro disco vinilico, 33 giri, edizione anni ’60,
che in questi giorni ascolto e riascolto: trattasi di una raccolta di Canti di
Natale interpretato dalle Voci bianche di Bergamo, dirette dal compianto maestro
Don Egidio Corbetta, il quale elaborò e trascrisse una serie di canti la cui
bellezza, la cui innocenza, la cui freschezza li rende, questi sì, canti
paradisiaci.
Altro che gospel!
A questo punto mi si potrebbe
chiedere l’onere della prova rispetto a
quanto affermo.
Già, e come faccio, visto che
purtroppo, oggi come oggi, in Italia, tranne l’eccezione della Cappella
Sistina, forse di cori di voci bianche non ne esistono più: e non esistono più
per le ragioni che ha ben spiegato, durante un’intervista di qualche anno fa,
lo stesso Don Corbetta.
Non ci resta che confidare nella
tecnologia d’oggi dunque, e nella possibilità di qualcuno (che può) e nella
volontà di qualcuno (che lo voglia), per sperare nella duplicazione e
riproduzione mediante appunto le straordinarie tecnologie odierne, di canti
come Adeste fideles, Ninna nanna, Puer natus, Astro del ciel, O piccola
Betlemme, Tu scendi dalle stelle, Stille nacht e tanti altri, però interpretati,
ripeto ancora, da nessun altro che non sia un vero e genuino coro di voci
bianche.
Perché questo e non altro è
l’unico mezzo per ascoltare musica natalizia che davvero provenga dal Paradiso.
Tutto il resto è contingenza, è moda: passerà e non lascerà traccia. Buon Anno
a tutti.

3 commenti:
Carissimo Luigi mi trovi assolutamente d'accordo!
Da ex voce bianca del Coro dell'Immacolata colgo l'occasione per porgere a te e famiglia i miei più sinceri auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo. Arturo Amadigi
Caro signor Luigi grazie per la bella riflessione...Non ci avevo mai pensato e in effetti ha proprio ragione...nonostante io apprezzi anche il gospel.
Buon Natale!
Giovanna N.
Ciao caro Cortesi. Mi trovi perfettamente concorde. Stiamo perdendo tutto cio' che ci identificava a fronte di un falso buonismo. Apertura al nuovo va bene solo se non riduce le nostre tradizioni e mi permetto anche di dire che ci dovrebbe essere una stessa apertura del nostro nelle altre culture. Rapporto di inclusione paritario. Qui dobbiamo includere le tradizioni di altri nel nostro tessuto sociale anche con imposizione. Provate a farlo al contrario.......Buone Feste
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